Caltabellotta

ASDA, Reg. 1595-96, cc. 563r.-566v.

 Caltabellotta. Indulgenza per la Chiesa di S. Pellegrino

 Don Antonio Perez, Vicario Generale di mons. Giovanni Orozco de Covarruvias, il 3 luglio IX ind. 1596, si rivolge a tutti gli ecclesiastici e agli ufficiali della Diocesi di Agrigento e, in particolare, a quelli di Caltabellotta, in merito a Lettere Apostoliche  riguardanti l’indulgenza concessa alla Chiesa di S. Pellegrino di Caltabellotta.

Infatti, il Sommo Pontefice Clemente VIII concede l’indulgenza plenaria ai fedeli che, realmente pentiti, confessati e comunicati, il 18 agosto di ogni anno visiteranno devotamente la Chiesa di S. Pellegrino di Caltabellotta e pregheranno per la concordia dei Principi cristiani e per l’eliminazione delle eresie. L’indulgenza plenaria sarà valida fino all’anno del Giubileo. Dato a Roma in San Pietro, 8 dicembre IX ind. 1595.

Le Lettere Apostoliche pervengono a Palermo il 25 giugno IX ind. 1596 e, il 27 giugno successivo, vengono stilate le esecutorie, firmate dal Marchese di Geraci, in cui si raccomanda di osservare attentamente quanto è contenuto nelle lettere.

Il 30 luglio IX ind. 1696, l’Arcivescovo di Palermo, don Diego de Haëdo, Delegato Apostolico della SS.ma Crociata nel Regno di Sicilia e nelle Isole adiacenti, ricorda  al Cappellano della Chiesa di S. Pellegrino di Caltabellotta che nell’anno della pubblicazione della Bolla della SS.ma Crociata si sospendono tutte le indulgenze, in modo che queste abbiano effetto solo per le persone che avranno preso la Bolla della Crociata, “la cui elemosina va in servitio di Sua Maestà, per defensione della nostra  Santa Fede”.

L’Arcivescovo mons. Haëdo ordina che “per questo anno presente tantum” sia resa  pubblica l’indulgenza solo dal pulpito “senza solennità di tamburi, trombe e né di altri strumenti”. Permette, piuttosto, che siano affissi degli avvisi manoscritti per avvertire il popolo che l’indulgenza varrà solo per chi prende la Bolla della SS.ma Crociata.

Agrigento, 30 luglio IX ind. 1696.

Festeggiamenti

Il 18 agosto Caltabellotta festeggia il suo santo patrono Pellegrino.

Caltabellotta è molto legata al proprio santo patrono, e lo dimostra anche nei nomi date dai devoti ai loro figli. Molti infatti sono i “Pellegrino”, spesso accorciati in “Pino”, creando non poca confusione con i vicini abitanti della provincia di Palermo. Nel palermitano, ed anche un po’ nel resto del meridione, “Pino” è diminuitivo di Giuseppe, ed occorre spiegare che il “Pino” caltabellottese è una varietà unica e ben diversa.

Le notizie su San Pellegrino sono poche e piuttosto confuse, poiché nulla è stato lasciato ben scritto del santo. Il nome, in aggiunta, non aiuta molto, dato che nella penisola italiana vi sono annoverati altri Pellegrino, ma una cosa è certa: non è lo stesso San Pellegrino venerato invece ad Agrigento.

Tradizione e leggenda ci tramandano che egli sia venuta dalla Grecia, incaricato dallo stesso San Pietro, ad evangelizzare la Sicilia, insieme a Libertino e Marciano, quest’ultimo divenne poi vescovo di Siracusa. Pellegrino invece si spinse più ad occidente, fino ad arrivare nell’allora Triokola, l’odierna Caltabellotta, per salvare il paese da un certo drago.

Non è difficile dunque fare il parallelo tra paganesimo, male, che dovevano essere sconfitti dal cristianesimo, dal bene. Per questo arrivò Pellegrino, il quale chiese presso alcune case del paese del cibo per ristorarsi dal lungo viaggio che lo faceva giungere dalla Grecia. Tuttavia, la poca ospitalità degli abitanti si dimostrò quando gli negarono un tozzo di pane, un uovo, della frutta. Quando le massaie ritornarono presso le loro dispense, ciò che avevano ed avevano negato, si era tramutato in pietra. Alcuni di questi miracolosi cibi, secondo la tradizione, sono tutt’ora conservati nell’eremo che si trova sul primo promontorio da occidente che caratterizza Caltabellotta.

Proprio in quel promontorio si trovava il drago, e San Pellegrino vi si recò per cercare di epurarlo. In una mitologica lotta, si può immaginare il santo pregare e lottare il drago per rimandarlo negli inferi, sfruttando la grotta che usava come tana. In un ultimo assalto il drago tentò di afferrare il santo, ma invano colpì la roccia lasciando la sua impronta, ancora oggi visibile nella grotta leggendaria, e su cui sorse, più tardi il monastero e la chiesa attigua, i quali hanno ricevuto un importante restauro dal 2009, ed oggi sono di nuovo visitabili. Si tramanda inoltre che la dimora di San Pellegrino, durante la sua lotta, fosse proprio sopra la grotta.

Pellegrino potè dunque diventare primo vescovo della diocesi di Triokala, diocesi che resistette fino all’avvento degli Arabi nel IX secolo d.C.. Successivamente la fuga degli Arabi, la diocesi risorse da Sciacca, e successivamente fu definitivamente trasferita ad Agrigento. 

Del Santo rimangono delle reliquie le quali vengono portate in processione dai bambini il giorno 17 agosto, dalla Chiesa del Carmine alla sua Chiesa. Giorno 18 avviene invece la processione per le vie del paese della statua lignea (G. Pipia).