ROSALIA. Culto e devozione

Museo, ARCHIVIO, BIBLIOTECA istituti culturali per la pastorale dell’Arcidiocesi di Agrigento, con la collaborazione delle comunità parrocchiali, propongono presso il Polo espositivo del Mudia nella Chiesa San Lorenzo in Via Atenea, il percorso-mostra con documenti d’archivio, testi a stampa. dipinti, sculture, gioielli, argenti e altri preziosi manufatti sul culto e sulla devozione legati alla santa più amata dai siciliani: Rosalia.

La mostra-percorso, inaugurata il 12 giugno e che resterà visitabile fino al 25 agosto, propone una visione d’insieme sulle città e chiese che hanno avuto e hanno ancora una forte devozione verso la santuzza. La parte centrale della mostra sarà dedicata alle tre comunità che in diversi modi sono legati alla presenza di Rosalia: Bivona, Racalmuto e S. Stefano Quisquina. Sono state selezionate anche opere provenienti dalle altre comunità  Alessandria della Rocca, Aragona, Cammarata, Cianciana, Palma di Montechiaro, S. Angelo Muxaro, S. Margherita di Belice, Sciacca  che hanno una eredità spirituale legata alla devozione a Santa Rosalia con presenze di altari, dipinti, statue e reliquie.

 Anche in Cattedrale è attestata la presenza del culto e della devozione a Santa Rosalia affidati all’Arciconfraternita del Santissimo Crocifisso. La prima notizia della presenza della reliquia in Cattedrale risale al  1677, in occasione della Visita pastorale di Francesco Maria Rhini (1676-1696). Il vescovo menziona la reliquia della santuzza, custodita accanto alla Spina santa, nell’attuale Cappella del Crocifisso (Coro d’inverno) e  per l’occasione ordina di realizzare un busto reliquiario che potesse accogliere dignitosamente la reliquia, oggi al Museo Diocesano.

Fanno parte del percorso in Cattedrale la pala d’altare che raffigura l’Angelo che guida la Vergine Rosalia Sinibaldi,  l’Antifonario della fine del 1800 con la liturgia delle feste proprie della chiesa agrigentina per la preghiera dei canonici del Capitolo della Cattedrale, e infine un video che fa percorrere il cammino di Rosalia tra Santo Stefano Quisquina, Bivona e Racalmuto. 

Pannelli didattici permettono di ricostruire il culto e la devozione nell’agrigentino attraverso i documenti storici. Una mappa ricostruisce lo sviluppo della devozione nella diocesi di Agrigento con la presenza di chiese,  altari reliquiari, opere artistiche e statue dedicate a Santa Rosalia.

Al centro del percorso tra la Chiesa di San Lorenzo e la Cattedrale  si trova il Museo Diocesano dove è custodito il seicentesco reliquiario a busto recentemente restaurato.  

Un percorso-mostra dinamico poiché le opere che sono in mostra sono beni per il culto e faranno ritorno nelle comunità di provenienza, anche durante la mostra, in occasione della festività liturgica del 4 settembre,  lasciando spazio ad altre opere provenienti dalle altre  comunità della diocesi. Una mappa della provincia aiuterà a identificare la presenza di chiese, cappelle e reliquie sul territorio e un video proietterà il visitatore nei tre luoghi che, secondo la tradizione, hanno visto la presenza storica di Santa Rosalia. Il percorso-mostra è una tappa del Parco culturale ecclesiale che permette di mettere in rete la vita e la fede delle comunità locali attraverso il patrimonio materiale e immateriale.

OPERE IN MOSTRA

 La devozione verso Santa Rosalia in diverse località della Sicilia è attestata  dal XIII secolo. Il Cardinale Giannettino Doria (1573-1642) convalidò l'antichità del culto della Santa presso la Sacra Congregazione dei Riti, evidenziando che il culto verso Santa Rosalia esisteva ben prima del ritrovamento del corpo.

L'inventio del corpo sul Monte Pellegrino e il conseguente aumento della devozione si devono a Girolama La Gattuta. Nel 1624, colpita dal morbo e ricoverata all’Ospedale Grande di Palermo, Girolama sognò Santa Rosalia, che le promise la guarigione se si fosse recata in pellegrinaggio sul Monte Pellegrino. Giunta sul monte, ebbe una seconda visione in cui la Santa le indicò il luogo preciso dove si trovavano i suoi resti mortali.

La devozione è attestata non solo dalla tradizione orale, ma sopratutto da diversi agiografi che avevano scritto sulla vita della Santa: Valerio Rossi (1590), Filippo Paruta (1609), Simone Parisi (1610), Vincenzo La Farina (1620) e Ottavio Gaetani (1620).

La diffusione sistematica della vita di Santa Rosalia è strettamente legata all'opera di Giordano Cascini (1565-1635). Chiamato dal Cardinale Giannettino Doria, Cascini fece parte di una Commissione investigativa (1624) insieme ai gesuiti Tagliavia, D’Agostino e Dominici, la quale confermò che lo scheletro ritrovato nella grotta del Monte Pellegrino il 15 luglio 1624 apparteneva a Santa Rosalia. L'opera di Cascini si inserisce nel contesto del periodo post-tridentino, in cui la Chiesa Cattolica si impegnava a indirizzare la pietà popolare entro i canoni dell'ortodossia. Promosse la diffusione del culto dei santi come protettori dei devoti e intraprese un'azione missionaria capillare per educare il popolo alle pratiche di fede. 

La prima edizione dell’opera del Cascini, di sedici pagine, fu posta insieme al corpo di Santa Rosalia all'interno dell'urna argentea del 1631, custodita nella Cattedrale di Palermo. Il suo lavoro fu compendiato in tre distinte pubblicazioni: nel 1627, nel 1631 e una postuma del 1651 curata dal confratello Pietro Salerno, con alcune "aggiunte" relative alla vita della Santa basate su elementi riportati dalla tradizione orale.

Il contributo di Cascini, insieme al fervore dei Gesuiti, fu determinante nella diffusione del culto di Santa Rosalia in tutto il mondo e nella definizione della sua iconografia. La Santa è celebrata come una nobile fanciulla che abbandonò gli agi di corte per ritirarsi come eremita nei monti della Quisquina e successivamente nel Monte Pellegrino, dove visse tra penitenza e preghiere fino alla sua morte, in odore di santità. La scelta di Rosalia di dedicarsi alla vita eremitica rifletteva lo spirito del tempo, caratterizzato da una fioritura dell'eremitismo grazie all'influenza dei monaci basiliani durante la dominazione araba e dei monaci normanni.

Secondo la tradizione, Rosalia seguì la sua vocazione religiosa nonostante l'opposizione del padre e del Re Ruggero, che la voleva sposa del cavaliere Boldovino. Il gesuita Ottavio Gaetani (1566-1620) afferma che Rosalia abbandonò le sue titubanze dopo essere stata colpita dagli eventi sanguinosi del 1161, dedicandosi completamente alla preghiera e alla contemplazione. Nei monti della Quisquina visse come eremita, resistendo alle tentazioni del diavolo e sostenuta dagli angeli. Nella grotta lasciò incisa una testimonianza del suo amore per Cristo. Successivamente, guidata da un angelo, si trasferì nel Monte Pellegrino.

 GIUSEPPE PONTILLO

 

TRA AGIOGRAFIA E DEVOZIONE

Ogni opera d'arte dedicata a Rosalia ci racconta una storia di preghiera, di devozione, di grazia attesa o ricevuta. Al contempo si snodano attraverso la figura della santa gli stili e gli artisti che caratterizzano l'arte siciliana dal XV al XIX secolo, codificando dopo il 1624 il passaggio da una iconografia principesca a una di tipo monacale-eremitico che ha avuto enorme fortuna, partendo da Palermo.

Nel territorio di Agrigento sono storicizzate testimonianze figurative a partire dal Quattrocento. Si ricorda la perduta tavola dipinta da Tommaso De Vigilia nel 1494, che raffigurava la Madonna in trono con il Bambino che incoronava Santa Rosalia, fatta riprodurre dal Cascini tra le sue celebri incisioni. Una curiosa data riporta il dipinto della Chiesa Madre di Santo Stefano, 1464 raffigurante la Madonna della Catena tra Santo Stefano protomartire e Santa Rosalia, una data significativa sulla presenza cultuale di Rosalia nell’agrigentino, nell’antica  iconografia principesca, ancora da approfondire storicamente.

 Proprio a partire dal XVII secolo e in particolare dagli anni successivi alla terribile epidemia di peste del 1624, sconfitta per intercessione di Rosalia, oltre alle numerose chiese costruite, si diffondono dipinti e sculture, preziosi reliquari a busto in legno o in argento, espressione della poetica artistica della controriforma e diffusissimi in tutta la Sicilia.

Numerosi i reliquiari realizzati per l’ostensione alla venerazione delle reliquie della santa concesse dal Cardinale Giannettino Doria con bolla di autentica. Nascono i reliquiari “parlanti”, il cui messaggio non era accostato solo alla reliquia conservata nella custodia, ma anche alla forza espressiva della rappresentazione fisica della santa. Tra tutte le affascinanti tipologie di reliquiari antropomorfi sono stati selezionati per la mostra due esemplari, il primo proviene dalla Chiesa Madre di Santa Margherita Belice, commissionato dalla famiglia Filangieri che resse la cittadina nel XVII secolo, di cui reca lo stemma, pregevole opera di argenteria palermitana, raffinatissimo a motivi floreali di rose cesellato alla maniera barocca che virtuosamente imita il tessuto fluente. L’opera è databile all'ultimo quarto del XVII secolo, probabilmente già eseguito nel 1688, anno in cui viene concesso ai Giurati della città di solennizzarsi la festa di Santa Rosalia con processione nella 1ª Domenica dopo il 15 Luglio, per aver liberato il Comune dalla invasione delle locuste. L'altro è un pregevole busto reliquiario ligneo policromo con dorature a "estofado" della chiesa del Collegio di Sciacca, inedito, dalla spiccata connotazione pittorica e cromatica, di committenza gesuitica e databile alla prima metà del Seicento.

Da  Cammarata proviene il reliquiario della tipologia a urna argentea, con cristallo di rocca, di rilevante valore storico, che ripropone su scala le grandi urne reliquiarie del barocco siciliano secondo uno schema diffuso nella prestigiosa scuola argentiera palermitana. La piccola urna di Cammarata è stata commissionata da Francesco Branciforte signore di Cammarata per devozione alla scampata peste nella prima metà del XVII secolo, il piccolo reliquiario reca sui quattro angoli lo stemma dei Branciforti e sulla sommità l'aggraziata figurina della santa in abiti monacali.

A Racalmuto, altro centro devozionale di Rosalia è documentato l’arrivo di una reliquia dopo l’invenzione, unitamente a Grotte e Agrigento. Oggi la reliquia è custodita in  reliquiario tardo-barocco di argenteria palermitana del diffuso modello “a ostensorio”, contenente le reliquia, giunta il 31 agosto del 1625.

Per la statuaria  tre pregevoli opere provenienti da Aragona e Racalmuto nella consueta iconografia di pellegrina, e da  Cianciana, opera che si distingue per le raffinate decorazioni a “estofado”. 

Altre varianti iconografiche sono le storie della vita mistica di Rosalia, legate alle visioni della venerabile Suor Maria Roccaforte di Bivona. A questa tipologia afferisce il dipinto che raffigura la Santa Rosalia che rinuncia alle ricchezze, del pittore bivonese Federico Panepinto, notevole artista neoclassico aggiornato sugli sviluppi dell'arte italiana. Lo stile neoclassico di Panepinto asseconda in questo caso la soavità dei tratti immaginati della santa accentuato dalle pose ieratiche e dall’abbigliamento classico. Per l’occasione troviamo in mostra due inediti legati Suor Maria Roccaforte, la gioia reliquiario, pregevole manufatto dell’oreficeria siciliana del XVII secolo e del giovane pittore bagherese Luca Crivello.

Altra variante iconografica delle storie di Rosalia è riproposta  nei due dipinti in mostra, Rosalia tra gli angeli e Rosalia e la Vergine, di un devoto e popolare artista locale e databili agli inizi del XIX secolo, provenienti dalla chiesa di Santa Rosalia di Palma di Montechiaro, cosi come il ritratto proveniente da Sant’Angelo Muxaro.

DOMENICA BRANCATO

OPERE D'ARTE NELL'AGRIGENTINO

 Rosalia, amatissima santa, giovane e bellissima nobile di stirpe normanna, ha dato vita  attraverso gli artisti a opere d'arte che ne celebrano la straordinaria devozione. La sua iconografia è presente fin dal Medioevo, permettendo al fedele di rivolgere la propria preghiera a un'immagine sacra nella quale poter identificarsi, tra istanza estetica e carica devozionale. A partire dal XVII secolo artisti come Antoon Van Dick, Mattia Preti e Pietro Novelli, grandi argentieri e orafi ci consegnano preziose testimonianze che esprimono il misticismo anacoretico e la libertà di una scelta di vita non convenzionale che da sempre questa santa taumaturga ha rappresentato. 

Nel territorio di Agrigento, proprio a partire dal XV secolo e in particolare dagli anni successivi alla terribile epidemia di peste del 1624, sconfitta per intercessione di Rosalia, si diffondono dipinti e sculture, preziosi reliquari a busto, in legno o in argento, espressione della poetica artistica della controriforma e diffusissimi in tutta la Sicilia. A questo tipo di opera l'iconografia della santa si presta particolarmente nell'ambito della cultura della controriforma; sono diffusi anche reliquiari architettonici, reliquiari a ostensorio e gioielli come ex voto, su modelli palermitani e trapanesi.

A Santo Stefano Quisquina, luogo simbolo del romitaggio di Rosalia e suggestiva memoria dei luoghi della sua santità, si conserva nella chiesa del Santuario la scultura a grandezza naturale in marmo alabastrino datata 1775 scolpita da Filippo Pennino, e uno splendido paliotto “a commesso” marmoreo all'altare maggiore, che raffigura Santa Rosalia orante. Nella chiesa si conserva e si  venera la reliquia della Santa, racchiusa in uno splendido busto reliquiario in argento cesellato datato al 1625, di argentiere palermitano, su cui trionfa la delicata e preziosa corona di rose finemente cesellate “a frescame”, attributo principale della Santa legato al suo nome. 

A Bivona, culla e luogo simbolo della devozione a Rosalia, si può ammirare nella chiesa eponima una delle opere d'arte più antiche e più importanti della Sicilia a lei dedicate, il fercolo ligneo policromo con dorature del 1601, attribuito agli scultori Ruggero Valenti e Salvatore Passalacqua, a grandezza naturale e dall'iconografia principesca, che si distingue dalle raffigurazioni pauperistiche ispirate dall'ordine francescano molto più popolari; si tratta di uno splendido esempio della scultura lignea siciliana del tardo manierismo, con i virtuosi intagli  di putti e motivi vegetali e floreali, e la preziosa decorazione a “estofado” della veste, di matrice spagnola. Anche nella città di Agrigento la devozione alla “Santuzza” nel XVII secolo è presente attraverso testimonianze artistico-religiose di grande interesse, ricordiamo  il busto-reliquiario di Santa Rosalia in legno policromo con dorature, documentato nel 1677-1678 e commissionato dal Vescovo Francesco Maria Rhini e proveniente dalla Cattedrale di San Gerlando, oggi esposto al Museo Diocesano, prezioso esempio di scultura lignea barocca. 

La straordinaria devozione a Rosalia la colloca spesso nelle nostre chiese tra i santi in adorazione della Madonna, nelle pale d'altare con la Vergine e Santi, come ad esempio nell'opera di fra Felice da Sambuca a Licata nella chiesa dei santi Antonio e Vincenzo e a Cammarata nel dipinto di padre Fedele da San Biagio nella Chiesa Madre.

 RITA FERLISI

AD AGRIGENTO NELLA CHIESA DI S. ROSALIA

La prima presenza di una reliquia di Santa Rosalia è documentata in Agrigento nella Chiesa San Francesco di Paola (ASDA Reg. 1625-26 cc. 325-26). La reliquia è un frammentum ossis plante pedis. Un’altro frammento sarà donato, il 4 Maggio 1627, alla Chiesa di Santa Rosalia, la cui licenza di edificare la Chiesa di Santa Rosalia il 2 settembre del 1626, e farla officiare ai Canonici Secolari di San Giorgio in Alga (ASDA Reg. 1626-27 cc. 361-364).
La chiese viene edificata con elemosine dei devoti, dei deputati per la costruzione della fabbrica e della Congregazione di detta gloriosa Santa e Don Lorenzo de Custanza (ASDA, Reg. 1626-27 cc. 361-364).

Il 2 settembre del 1655 il vescovo Ferdinando Sanchez approva la congregazione e sodalizio di quaranta membri, insigniti del titolo della Penitenza (ASDA, Reg. 1655-56 c 528 r. et v.).

Il 15 agosto del 1676 gli atti della Curia danno notizia della comunicazione della soppressione pontificia della Congregazione dei Canonici di San Giorgio in Alga e dei frati san Girolamo; il 16 agosto vengono nominati cappellani il sac. Giuseppe Cavalli e il sac. Salvatore Palmeri che ne prendono possesso il 22 agosto.

Nel 1732 la chiesa è chiamata con il titolo Ecclesiam Mariae Virgini Montis Serrati sub titolo Dive Rosaliae (ASDA, Reg. 1732, c. 343). Dell’interno abbiamo la descrizione degli altari della visita pastorale del vescovo Lorenzo Gioeni, di cui l’esterno era in pietra di tufo arenario in stile barocco e si svolgeva in una dolce linea curva tra capitelli lavorati, sormontato da un campani letto. Tra i giugali è attestato un reliquiario d’argento con due Angeli anch’essi di argento, con il piede di rame indorato realizzato nel 1627.

Il 7 ottobre 1737 il vescovo Lorenzo Gioeni, in ottemperanza al testamento dell’abate fra Giovanni Francesco Giosafat Cappalonga, che aveva lasciato un legato per la costruzione di una casa e ritiro per povere ragazze, stabilì l’erezione di un Collegio fondato sotto il titolo della S. Famiglia perchè istituissero Maestre le più prudenti e virtuose, acciochè insegnassero tutte le ragazze di qualsiasi ceto, così nel timore di Dio che nella dottrina cristiana...sotto l’istituto dell’ Em.mo Cardinale Corradini (ASDA, Reg. 1737-38 cc. 622-623).

La facciata della chiesa fu smontata nel 1951 a seguito di problemi statici. Dei conci rimangono pochi elementi già danneggiati durante i lavori e ammalorati dal tempo.