SAN GERLANDO

Nasce a Besançon, l’antica Vesontium, in Francia, tra il 1030-1040. vive un primo periodo in patria, dove, dopo il momentoformativo, raggiunge una certa notorietà per la sua sapienza teologica e la sua erudizione. A Besançon, è membro prestigioso del Capitolo di San Paolo e viaggia molto per le terre del Nord per ragioni d’insegnamento. La sua fama, di santità e di uomo di scienza, attira allora l’attenzione degli Altavilla, impegnati nella conquista del Sud Italia. Cosicché la sua vita riceve una svolta imprevista. I normanni Roberto il Guiscardo e il fratello Ruggero lo richiamano in Calabria, a Mileto, per dirigere la Schola Cantorum di quella città. Si trattava della prima Scuola teologica latina nata nel Sud d’Italia, fino ad allora in mano bizantina. Dopo aver accettato, Gerlando ha però un ripensamento a motivo della vita poco evangelica condotta dai Normanni e ritorna ancora una volta nella sua città natale. Quando poi Ruggero conquista la Sicilia e libera Agrigento (1086) dal giogo arabo, richiede ancora una volta Gerlando, come primo vescovo della città.

Gerlando arriva ad Agrigento nel 1088, accompagnato dalla fama di santità. La consacrazione avviene a Roma, per le mani di papa Urbano II (1098). Ad Agrigento, il vescovo Gerlando si adopera subito per la riorganizzazione della diocesi. Costituisce il Capitolo dei Canonici, che lo collaborano nella sua azione pastorale; edifica in sei anni l’Episcopio e la chiesa Cattedrale che dedica alla Beata Maria Vergine e a San Giacomo.

La Legenda, che è una breve biografia , elenca le sue attività caritative a favore dei poveri, degli stranieri, dei malati e dei più deboli. Come buon vescovo-teologo, si distingue nella predicazione agli ancora pochi cristiani, nel dialogo con gli Ebrei e con i Saraceni, ai quali annuncia, con successo, la fede cristiana. Dopo dodici anni di episcopato, muore  il 25 febbraio 1100.

La beatificazione di San Gerlando viene fatta a cinquant’anni dalla sua morte, con la traslazione del suo corpo all’interno della Cattedrale. Da allora, le reliquie del Santo, più volte riesumate, sono la meta dei fedeli di tutti i secoli. La festa ha assunto una grande rinomanza per tutta la Sicilia. La celebrazione  più solennemente è stata quella organizzata nel 1598 dal vescovo Giovanni Oroczo Covarruvias. Si deve infine a mons. Francesco Trayna la costruzione della cappella consacrata a San Gerlando, nella parte meridionale della Cattedrale: chiusa da una porta con tre serrature, le tre chiavi erano destinate rispettivamente al Vescovo, al Capitolo e ai Giurati della città.

La cappella accoglie oggi la nuova arca argentea, in cui sono custodite le reliquie del Santo.

 

IL CORPO DEL SANTO: LE RELIQUIE

La beatificazione di San Gerlando viene fatta a cinquant’anni dalla sua morte, con la traslazione del suo corpo all’interno della cattedrale, ad opera del vescovo Gentile (1154-1171), e costituisce  il primo vero impulso ufficiale al culto delle sue reliquie.

È  documentata la prima ricognizione delle spoglie del Santo per opera del vescovo Rainaldo di Acquaviva (1240-1266). In quell’occasione, le reliquie vengono deposte in un’arca di legno dipinta dal pittore-maestro Vincenzo, di cui rimane un prezioso documento custodito dentro l’urna,  nel marzo del 1264.

Il 26 aprile 1376 il vescovo Matteo de Fugardo (1362-1390) alla presenza del capitolo, dei giurati, dei giudici, del clero e di tutta la comunità ecclesiale, compie un’altra ricognizione delle reliquie per riporle nella cassa d’argento realizzata dall’orefice Pietro di Bandino.

Nel 1598 il vescovo Orozo de Covarruvias (1594-1606) si attiva per rinnovare l’urna d’argento, probabilmente utilizzando il materiale della precedente, collocandola nella parte alta della tribuna maggiore. La traslazione delle reliquie sarà accompagnata da una imponente e solenne processione, con la presenza di tutte le confraternite della diocesi, la nobiltà, il clero, il capitolo e i fedeli.

Il vescovo Francesco Trahina (1627-1651) costruisce una nuova cappella, impreziosita da pregevoli marmi, e commissiona la nuova urna argentea. La traslazione avviene il 7 maggio 1639.

Ai primi del Settecento, il vescovo Francesco Ramirez (1697-1715), ultimo grande vescovo spagnolo in Sicilia, ottiene per San Gerlando particolari riconoscimenti. Nel 1702 Clemente XI dichiara privilegiato l’altare di San Gerlando.

Il vescovo Antonio Lanza (1769-1775) il 14 aprile 1777 compie anche lui la ricognizione delle reliquie di S. Gerlando, di cui lascia testimonianza in una pergamena miniata dal pittore agrigentino Michele Narbone, con ricchi fregi e il suo stemma vescovile.

Il vescovo Antonino Cavaleri compie la traslazione il 21 luglio 1789,. Seguono il vescovo Baldassare Leone nel 1819, il vescovo Pietro Maria D’Agostino l’11 novembre 1824, mons. Ignazio Montemagro il 18 aprile 1838, Domenico M. Lo Jacono nel 1846 e Domenico Turano il 28 dicembre 1872.

Durante i lavori di restauro della Cattedrale, su iniziativa di Mons. Bartolomeo Lagumina (1899-1931), con il ritrovamento di una cappella chiara montana, si decide di collocare la preziosa arca del Santo Patrono.

L’ultima ricognizione delle reliquie la compie il vescovo Giuseppe Petralia (1963-1980) il 1 maggio 1970, di cui rimane un prezioso documento colmo di grande speranza per il futuro della diocesi … affinchè il tramonto del secondo millennio fiorisse con lo stesso vigore con cui fiorì la sua gloriosa alba.

 

L'URNA DI SAN GERLANDO

Un emblematico monumento della fede cristiana agrigentina, l’Urna di S. Gerlando testimonia non solo il profondo sentimento religioso del popolo agrigentino verso il Patrono, ma anche la presenza di una committenza colta e illuminata, che si rivolge quasi sempre a noti  artisti per la loro esecuzione.

La monumentale cassa è stata infatti voluta dal vescovo Francesco Trayna, a capo della Diocesi di Agrigento dal 2 marzo 1627 al 4 ottobre 1651, per arricchire la nuova cappella fatta erigere dallo stesso, per la Cattedrale di Agrigento. 

Il 10 gennaio 1653 don Francesco Albamonte, procuratore del vescovo, commissionava all’argentiere palermitano Michele Ricca, l’esuberante vara, su progetto dell’abate Vincenzo Sitaiolo, presentando anche il  disegno  eseguito dal grande pittore monrealese Pietro Novelli. Le parti fuse, quali i dodici puttini, le teste dei serafini e degli angeli vennero realizzati dall’argentiere Giancola Viviano.

A causa di furti sacrileghi l’Urna oggi è mancante delle formelle che raffiguravano scene della vita del Santo Vescovo e particolarissimi fregi.

Su un magnifico plinto s’innalza la figura di Gerlando rappresentato in ginocchio e con le braccia aperte e pronte ad accogliere la voce di Dio e ogni invocazione per la città, la diocesi e tutti i fedeli che lo onorano.

Sopra uno zoccolo di cornici decorate da ricchi festoni, si colloca l’urna, un tempo arricchita da sei formelle che narravano la vita del Santo, oggi andate perdute dopo due sacrileghi furti che ne hanno deturpato l’armonia.

Nella  statuina del Santo, nei rilievi e nelle decorazioni era visibile una completezza stilistica coerente con la visione armonica e misurata del suo fautore, fedele allievo dell’Accademia dei Carracci.

Sotto l’episcopato di Francesco Trayna è stato realizzato il sacello che custodiva l’Urna argentea unitamente al busto reliquiario di santa Vittoria. Realizzato nella

 parte meridionale della Cattedrale, era chiuso da una porta in rame sbalzato, di cui tre chiavi, destinati rispettivamente al Vescovo, al Capitolo e ai Giurati della città.  Due chiavi, relativi al Capitolo e al vescovo Rhini (1676-1696) costituiscono parte integrante della collezione permanente del Museo.

Nel 2012 il Comando Carabinienieri della Tutela del Patrimonio culturale ha riconsegnato sei degli otto puttini dell’urna argentea di San Gerlando che erano stati trafugati negli anni Ottanta. “Mentre la cattedrale di Agrigento – dichiara don Giuseppe Pontillo – vive giorni drammatici per lo stato in cui versa, da Roma arriva questo un piccolo segno di speranza.  La Chiesa di Agrigento – prosegue – ringrazia per il prezioso e insostituibile servizio reso al fine di recuperare sei degli otto puttini dell’urna di San Gerlando”.  Uno dei sei puttini è stato inserito tra la collezione  permanente, a completamento della sezione dedicata al santo patrono.

Si deve al vescovo Giovanni Oroczo Covarruvias (1594-1606) il recupero nel 1598 del Bastone di S. Gerlando dall’Urna lignea contenente le reliquie del santo, per consegnarlo alla pubblica devozione, in occasione della ricognizione delle osse. Il Baculo, emblema del Ministero Episcopale del Pastore della diocesi, fu impreziosito nel 1607 da una lamina in argento finemente sbalzata e cesellata dall’argentiere agrigentino Matteo Glimpii; oggi parte integrante della collezione permanente del MUDIA.

Uno sguardo va rivolto alla cultura figurativa popolare devozionale, espressa, nel corso dei secoli, attraverso splendide tavolette dipinte: gli ex-voto o miraculi, segni che esprimonono la devozione della comunità dei fedeli verso S. Gerlando, pregato come Santo protettore ed invocato contro le calamità. Dieci splendide tavolette di arte votiva, oggi collocate nella Sala dedicata a S. Gerlando, adornavano un tempo l’Urna argentea, oggi completano la sezione dedicata al santo patrono, costituendo una pregevole sezione etnoantropologica del MUDIA.