L’ultima domenica di agosto si celebra a Canicattì, per antichissima tradizione, la festa di San Diego, protettore della città fin dal tempo della canonizzazione, avvenuta nel 1588, quindi 125 anni dopo la morte, poiché egli si spense il 12 novembre 1463 ad Alcalà de Henares, grosso centro che dista 36 chilometri da Madrid, in direzione nord-est, e conta attualmente 160.000 abitanti. La città natale di San Diego è però San Nicola del Puerto, nella diocesi di Siviglia, in Andalusia. Della nascita non si conosce con esattezza la data. I suoi biografi concordano nel dire che nacque “intorno al 1400”. Quindi era poco più che sessantenne quando morì. I genitori, molto poveri, gli avevano dato al fonte battesimale il nome di Giacomo, che in lingua spagnola suona Jago, donde, per pronunzia popolare, il nome di Diego, con cui venne chiamato e con cui è ora universalmente noto.
Si può con fondamento pensare che il culto di San Diego sia cominciato a Canicattì nella seconda metà del Cinquecento. Esistevano in quel tempo i quartieri di Borgalino, nella parte alta del paese, e di San Pancrazio, presso il Castello, dove sorgeva l'antica Matrice. Ma si fa menzione, negli antichi documenti del Cinquecento, anche del quartiere di San Francesco e di quello di San Sebastiano, dal nome della chiesa che poi venne dedicata a San Diego. Nella chiesa di San Sebastiano aveva sede l’omonima confraternita, che un Breve del papa Urbano VIII del 12 luglio 1635 chiama anche confraternita di san Diego. Ma c’è di più. C’è una licenza della curia vescovile di Girgenti, datata 8 giugno 1621, con cui si autorizza la chiesa di San Sebastiano a portare in processione per le vie del paese la statua di San Diego. Da ciò desume padre Gaetano da Marsala che «prima del 1621 San Diego Protettore si era della Terra di Cannicattì».
Di come San Diego sia diventato protettore di Canicattì si è impadronita la leggenda. Così come l'ha raccolta il Sacheli, essa racconta che un giorno una statua di San Diego stava per essere portata, sopra un carro tirato dai buoi, dalla Spagna a Caltanissetta. Ma "a lu strittu di Naru", spossati e assetati, gli uomini si erano fermati per dissetarsi, cercando, però, l'acqua invano. Li soccorreva allora San Diego, facendo zampillare ai suoi piedi un "galofaru" di chiara e fresca acqua, che avrebbe poi formato "la funtana di lu strittu". Era il primo prodigio; il secondo avveniva a Canicattì, davanti alla chiesa di San Sebastiano. Quivi i buoi piegavano le ginocchia e non volevano sentirne più di continuare il viaggio: "Non ci fu forza umana - scrive il Sacheli - che valesse a smuoverli. Il Santo voleva essere protettore di Canicattì, e così fu fatto".
La devozione a San Diego fu, fin dai primi anni dall'introduzione del suo culto, assai sentita dai canicattinesi; ma essa crebbe ancora di più in seguito al terribile terremoto del 1693, "il quale - scrive fra Salvatore da Naro - in più scosse rovinò molte Città, Terre, Casali, e Castelli, con la perdita da circa cento mila Huomini, e la Città della Licata qui vicina hebbe danni notabilissimi". Ma, come Naro per grazia di San Calogero, possiamo scrivere con l'autore dell' "Aurea Fenice", anche Canicattì, per intercessione di San Diego, "non hebbe un Iota di danno, in tante scosse di notte, e di giorno". La prima scossa si ebbe la sera del venerdì, 9 gennaio, e durò - scrive fra Salvatore, che ne fu testimone oculare - quanto "un Credo cantato a canto fermo".
Così il dotto cappuccino racconta, con l'ortografia del tempo, il terremoto di due giorni dopo: "La Domenica poscia dell'11 di detto mese replicò il terremoto assai spaventevole ad hore 20 e menza doppo il vespro, e prima del terremoto si levò una nuvola da Mongibello che coprì la Città di Catania, ed a ciel sereno, s'oscurò in un baleno tutt'il Regno, come se fosse stata la menzanotte; sibilava un vento extemporaneo, e senza che fosse stato tanto gagliardo, arrecava con tutto ciò orrore grandissimo, in maniera che l'uccelli scappavano spaventati, tutti l'animali quadrupedi rotulavano e fugivano, e senza potersi regere in piedi si coricavano atterriti e tremanti: in un medesimo tempo si turbò il Mare di Catania e di sifatta maniera s'inalberò, che pareva quasi toccar le nubi, e si sentì un tal scoppio, che se tutti i tuoni si fossero in uno congregati, non potevano cagionar magior ribombo; caddero allora assieme con la Città di Catania tutte le torri e casini di campagna quanto pure tutte le terre e casali convicini... Il detto terremoto durò fierissimo, e terribilissimo, più d'un quarto d'hora, e tutte quelle Città e Terre restorno rovinate, come mai vi fosse stata fabrica veruna".
Canicattì rimase illesa e gridò al miracolo: molto ci guadagnò allora il culto di San Diego, che da tempo era onorato insieme con il patrono San Pancrazio (D. Lodato).